domenica 15 maggio 2011

La (Vera) Funzione di The Filth

Interessante, approfondita e convincente (per molti versi) analisi di The Filth da parte dei Mindless Ones.
Incidentalmente, il pezzo conferma, in maniera indiretta, la mia tesi che di Invisibles si può parlare solo attraverso il vissuto di Morrison/della persona che ne scrive.
È evidente infatti, che l’analisi di The Filth proposta dal pezzo si propone un approccio “distaccato”. Leggendo, si evince che l’opera in questione, al massimo, suscita riflessioni personali da condividere con altri (“Does this seem familiar to anyone else?”, “This is the way the world works now, history has ended and there are no alternatives, so suck it up or go home. If you’ve still got one, that is.”, etc.), rispetto all’esperienza totalizzante dell’epopea Invisibile. Se The Invisibles è una splendida, seppur fallata, cavalcata personale (e solo personale) verso l’illuminazione (doppio senso voluto), the Filth, al massimo, sembrerebbe essere un modo di condividere con altri disillusi, un mondo (di merda) dal quale uscire collettivamente.
Eppure, a ben vedere, non è (solo) così. David Allison, per esempio, prescinde dal fatto (importantissimo) che anche in The Filth c’è tanto, tantissimo, dell’esperienza personale di Grant Morrison. Nell’intervista presente su Grant Morrison: All Star, lo stesso Morrison racconta di come sia stato in grado di affrontare l’abisso proprio per la ritrovata felicità del rapporto familiare con Kristan. Senza entrare in dettagli troppo tecnici, la simbologia morrisoniana, anche a livello (banalmente) magico, c’è tutta. Così come il privato - elevato a fiction metanarrativa (non è sempre il caso?) - dell’uomo Morrison, rappresentato dalla triste vita da single incapace di scappare dai confini ristretti di una società che, dopo il padre, minaccia di schiacciare anche lui. Quando Allison-Illogical Volume parla della pornografia (linkando a un pezzo che si intitola “All you need is fuck”), dimentica che tutti abbiamo bisogno di scopare, anche Morrison (e Grant/Feely è la migliore e più convincente rappresentazione, in tal senso).
E che dire dell’aspetto “pop” che ha sempre segnato il modo di raccontare dell’autore scozzese? Anche in The Filth, sebbene nascosti dal fango, dalla polvere e dalla pioggia, ci sono i colori brillanti e un po’ sfacciati del mondo “classico” morrisoniano, a partire dal rosa/viola totalmente fuori contesto di Spartacus Hughes. Si potrà anche dire che i colori sono il negativo di quelli dell’Albero della vita etc, ma nel 2002-2003, la storia era questa (non c'è pop più pop del rap). Bomberoni rosa, abbinamenti discutibili, amoralità spinta, grandeur malposta. Ricorda nulla?
Come “anti-InvisiblesThe Filth è un successo completo. Anche nello spostare il discorso dall’ambito personale a quello collettivo. Questa è la vera funzione di The Filth.

di The Filth si parla nel capitolo 9 di Grant Morrison: All Star.

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